Massimo Mattioli

Romics d'Oro della IX edizione

Mattioli non fa fumetti, ma cinema. Tuttavia non è il cinema nato con i Lumière, ma con Edison. Il grande inventore non diede vita al cinematografo, ma al cinetoscopio: una macchina non adatta ai molti spettatori riuniti nelle sale, ma allo sguardo del singolo. Occorreva infilare qualche spicciolo nella fessura della macchina e poi posare l’occhio sul buchino dell’attrezzo: un piccolo film di qualche minuto partiva sorprendendo il consumatore, in genere una breve comica o un filmetto scollacciato. Oggi il cinetoscopio si può vedere solo nei musei del cinema e i Lumière, dopo aver vinto nella storia economica dei media, sono ovunque ricordati come i veri inventori della “magnifica ossessione”. I fulminanti lavori di Mattioli danno invece ragione a Edison: sarebbe stato possibile un altro cinema, delicato sino al candore e violento come una strage seriale, a disposizione di un solo fruitore. E Mattioli porta, sulla carta dei comics, una rivoluzione cinetoscopica: con estrema coerenza estetica, attraversa ambienti sideralmente lontani l’uno dall’altro – come le pagine del Giornalino venduto anche nelle chiese e quelle del cattivissimo Cannibale e del gelido Frigidaire, entrambi partoriti alleandosi con Tamburini, Scozzari, Liberatore e Pazienza – rendendoli magicamente compatibili. Mattioli vede il mondo popolato di pupazzi, insiema più morbidi e dolci di quelli di Walt Disney e più feroci e spietati dei personaggi Warner Bros. Li rende brillanti con colori esagerati, li piega a ogni espressione enfatica, li fa innamorare o odiare disegnando occhi a cuoricino o distruggendo nasi nei frullatori. Come fa? Soffia su ogni tavola uno humor potente, anch’esso purtroppo minoritario nel nostro pianeta: è il vento del delirio e dell’impossibile, dove riecheggiano le gesta di Fritz il Gatto e di Animal House, dove accade che un piccolo cactus canti a squarciagola canzoni insopportabili e dove il Flash Gordon del cinetoscopio, tale Joe Galaxy, rischia la vita solo per il gusto di accendere una sigaretta a un mostro a sei braccia venuto da chissà dove. Rispettando la scansione del formato breve, talvola brevissimo, e che tuttavia – semplicemente girando pagina, l’equivalente di inserire la moneta nel cinetoscopio – fa ricominciare la sua giostra e le sue storie. Veleggiando verso la distorsione sensoriale e la dissociazione tra macchine spettacolari e masse, Mattioli ricrea un mondo a dimensione di un cervello estremista, quello che consente di dimenticare che ha vinto il cinematografo e che ridisegna nei neuroni dello spettatore l’estasi e l’atrocità dell’unica mente umana cui non si può rimproverare la follia: quella dei bambini. Dolcissimi e cattivissimi e, soprattutto, per sempre.