Sergio Toppi

Romics d’Oro della VI edizione

La cosa che sempre più ci colpisce nelle pagine disegnate da Sergio Toppi è la sua capacità di creare grandi immagini unitarie che conducono quasi per mano l’occhio del lettore al loro interno come attraverso un percorso – e questo percorso è un percorso narrativo. Poiché Toppi è un narratore, ancora prima che un illustratore (ed è per questa ragione che si è dedicato all’arte sequenziale, diventando uno dei maestri del fumetto italiano), le sue grandi pagine visivamente unitarie indicano chiaramente il cammino che la lettura deve compiere. Lo fanno, però, senza mai perdere la propria unità visiva, che è anche, implicitamente, un’unità narrativa. Toppi racconta così per grandi blocchi che sono insieme di immagine e di racconto, blocchi ulteriormente articolati al loro interno, ma senza che questo ne comprometta l’unità. Uno stile narrativo originale e difficile. Per arrivare a questo altissimo livello di efficacia, Toppi ha dovuto utilizzare tutta la propria capacità di disegnatore. Il fitto intreccio di linee corruscate che lascia improvvisamente lo spazio a grandi aree bianche, o da cui le figure emergono a volte con fatica, e a volte con una nettezza cristallina – questo accavallarsi di increspature del pennino è stato lo strumento visivo che ha caratterizzato il suo stile, e che gli ha permesso di associare complessità grafica e semplicità di lettura. Moltissimi gli sono debitori, da Lorenzo Mattotti a Frank Miller, ma più per la costruzione narrativo-visiva della pagina, che per il dettaglio del pennino. Quello si direbbe suo e inimitabile. Sergio Toppi ha costruito la propria personale strada nel fumetto, con un’individualità così marcata da lasciare un segno che rimarrà a lungo forte e vivo. Chi voglia studiare i fumetti per imparare a leggerli o a realizzarli, non può non passare da qui, qualunque scelta poi decida di fare.