Vittorio Giardino
Interpretando la grande tradizione franco-belga della linea chiara, Vittorio Giardino si afferma alla fine degli anni ‘70 come uno dei maggiori autori italiani e, nel decennio successivo, europei. La definizione di “autore” è, nel caso di Giardino, motivata dalla scarsità quantitativa della sua produzione oltre che dalla alta qualità delle sue opere: nel solco di quello che può apparire come un luogo comune, le sue modalità di lavoro appaiono strutturalmente inconciliabili con le esigenze produttive di una sia pure accennata serialità. I suoi tempi e la cura estrema dell’immagine – sempre riconoscibile nella sua identità stilistica – sono organici a un tempo di produzione e di consumo che non contempla la velocità. Giardino persegue i suoi progetti e i suoi ritmi in assoluta autonomia. Eppure, gli esordi dell’ingegner (elettronico) Giardino non lasciavano presagire, ai più, la conquista di un universo grafico così personale e, al contempo, così funzionale a una narrazione che investe il lettore delle derive che letteratura e cinema ancora “disegnano” nel nostro immaginario. Bisogna aspettare la svolta di Sam Pezzo (1979) per capire che la vocazione narrativa di Giardino ha trovato il suo corso. Densamente abitata dalle tracce dell’hard boiled, questa serie poliziesca lascia trapelare la malinconia del suo autore in un momento storico che vede profonde trasformazioni nell’industria culturale italiana e nei suoi linguaggi, trasformazioni che sollecitano il maturare di nuove competenze. E’ questa fruttuosa malinconia (condivisa in quegli anni dagli altri grandi interpreti del fumetto italiano) a fare di Sam Pezzo e poi, soprattutto, di Max Fridman (1982) due icone di una narrativa grafica che si sostituisce al declinante cinema italiano nel dare voce al racconto dello “spirito del tempo”. Giardino ama le donne e il loro carico di eros, che ci riporta a noi stessi e ci rinnova. Lo si vede nel modo in cui dà loro corpo, ad esempio nella straordinaria raccolta di storie basata su Little Ego, in cui traduce al presente tutta la forza generativa del Little Nemo di McCoy, svelandone i fondamenti interdetti. Ma è la sua capacità di riflettere (sul)la storia del ‘900 che ancora stupisce, specie nelle tavole memorabili di Jonas Fink, disegnate da Giardino con incredibile lucidità estetica ed etica, trasformando la linea in mondo, costringendoci – soggiogati dalla sua spietata precisione – a ripercorrere la storia moderna delle idee e le loro conseguenze sulle nostre vite.